SOGGETTO: Gaia Vianello
REGIA: Gaia Vianello e Juan Martin Baigorria
MUSICHE ORIGINALI: Claudio Rocchetti
PRODUZIONE: Sunset
ITALIAN VERSION - ENGLISH VERSION
Cinque anni sono trascorsi dalle rivolte che hanno portato, il 14 gennaio 2011, alla deposizione di Ben Ali e alla Rivoluzione dei gelsomini in Tunisia.
Da allora, una serie di eventi che hanno segnato la sua storia politica e sociale hanno trasformato il Paese in maniera talmente radicale, che il tempo trascorso sembra essere molto di più.
Dal governo dei filo-islamici di Ennahda, agli omicidi degli esponenti politici di sinistra, Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, alle prime elezioni democratiche in un paese coinvolto nelle Primavere Arabe, ai sanguinosi attentati del Bardo e di Sousse, in pochi anni la Tunisia ha giocato un ruolo chiave fondamentale nello scacchiere della geopolitica Mediterranea e Mondiale. Ma qual'è veramente la situazione oggi? Cos’ è successo a tutti quei giovani e meno giovani che cinque anni fa si sono riversati nelle strade e nelle piazze, facendo sperare tutti noi che li guardavamo dagli schermi della tv o del computer, che insieme e con determinazione è possibile cambiare le cose? Sono veramente poi cambiate le cose?
E’ accompagnati da queste domande che abbiamo deciso di partire un anno fa, a pochi giorni dell’attentato al Museo del Bardo, per documentare, telecamera alla mano, come i tunisini stessero vivendo la transizione democratica, oscurata dalle costanti minacce di Daesh e da un labile confine tra autoritarismo e democrazia, in nome della lotta al terrorismo.
Due settimane passate per strada, tra le oceaniche manifestazioni seguite al terrore del Bardo, le associazioni e le conferenze del Forum Sociale Mondiale, le visite ai centri culturali e agli spazi autogestiti, che a Tunisi resistono con fatica.
Due settimane a parlare, a chiedere, ad ascoltare. Come sono andate le cose in questi cinque anni? Ma soprattutto: adesso, con lo spettro del terrorismo, ci dobbiamo rassegnare che la Rivoluzione tunisina, l’unica ad arrivare a compimento, sia stata solo un'illusione, in cui milioni di noi hanno sperato e creduto, e che adesso tutto verrà messo a tacere, in nome della sicurezza internazionale?
Mentre ci facevamo tutte queste domande, e cercavamo a Tunisi una risposta, ci siamo accorti che, nonostante la stanchezza, la frustrazione e la disillusione, i ragazzi che non si scoraggiano e anzi, si dimostrano felici di parlare con noi e di condividere la propria esperienza con il resto del mondo, non solo sono tantissimi, ma sono anche giovanissimi ed una cosa li accomuna: l’amore per l’arte.
L’arte intesa come dovere cittadino. L’arte come mezzo di comunicazione, che può arrivare dove i social networks non arrivano.Nelle periferie, nei villaggi, al cuore delle persone. E che può portare un messaggio rivoluzionario:
Che per arrivare ad una democrazia reale e collettiva, e per affrontare le attuali sfide del dilagare del terrorismo islamico, sia necessario non dimenticarsi del ruolo della cultura, come simbolo di cittadinanza, trasversale a tutte le classi sociali e tutte le appartenenze politiche e religiose.
Così, attraversando la Tunisia, in un agosto assolato, in compagnia del collettivo Zwewla, da Tunisi al Monte Châambi, covo delle cellule di Daesh, passando per Sidi Bouzid, patria di Mohamed Bouazizi, simbolo della Rivoluzione, da Siliana, a Sbeitla, a Kasserine, abbiamo conosciuto e raccolto la testimonianza di attori, ballerini, filmakers, breakdancers, writers che ci hanno aperto un universo.
Come i ragazzi del collettivo Ghar Boys (i ragazzi della grotta), che sulle montagne di Semmama, dove Daesh ha molti dei suoi avamposti, si allenano ogni giorno alla break dance e al rap in una grotta, insegnando ai bambini la passione della danza e della musica.
O Adnen Hleli, professore al liceo, poeta ed attore, che si impegna da anni a far sì che l’arte, in tutte le sue forme, arrivi in queste zone. Ha costruito un cine club per bambini dentro un pollaio dismesso a Sbeitla ed inaugurato un cinema dentro una serra nelle campagne di Nabeul.
“Il nostro slogan non é la lotta contro l’estremismo” racconta, “questo é uno slogan opportunista abusato soprattutto nella capitale. Il governo ha incoraggiato l’esodo delle popolazioni montane, accentuandolo attraverso le sue politiche regionaliste. E’ il governo che ha dato in pasto le nostre belle montagne agli oscurantisti. Il nostro slogan é: su questa terra c’é chi merita la vita."
Attraverso le scritte sui muri, i flash mob nelle medine, la creazione di spazi culturali di quartiere, questi giovani, tutti tra i 15 e i 40 anni, veicolano il messaggio che la Tunisia, dopo le contestazioni e i tributi in sangue della Rivoluzione, non si farà facilmente portare via il terreno né dalle istanze radicali che, in nome di una lettura violenta e fondamentalista del Corano, vorrebbero imporre lo Stato Islamico, né da chi, in nome di una “lotta al terrorismo”, vorrebbe cogliere l’occasione per un ritorno ad un regime repressivo e poliziesco.
COSA PUOI FARE TU?
Adesso la nostra sfida più grande è realizzare questa campagna su indiegogo! Senza il tuo supporto, non riusciremo a completare la post produzione (montaggio, mixaggio audio, musiche originali, color correction, traduzioni e sottotitolaggio) e questo film non potrà ad arrivare nelle sale, nei festival, nei cineforum.
Puoi contribuire, secondo le tue possibilità, a LES AMOUREUX DES BANCS PUBLICS ed aiutarci a portare davanti al pubblico di tutto il mondo l’importante testimonianza dell’incredibile, enorme lavoro che i giovani artisti tunisini stanno continuando a fare ogni giorno, nonostante le condizioni avverse. Anche una piccolissima somma è sufficiente, se condividi con i tuoi amici e conoscenti questa campagna: l'unione fa la forza, come ci ha dimostrato il popolo tunisino!
Crediamo nel potere che il crowdfunding mette nelle mani di ciascuno di voi e speriamo che voi possiate credere in noi!
UNITEVI A NOI E AL NOSTRO IMPEGNO E REALIZZIAMO INSIEME LES AMOUREUX DES BANCS PUBLICS!
ENGLISH VERSION
SCREENWRITER: Gaia Vianello
DIRECTORS: Gaia Vianello and Juan Martin Baigorria
MUSICS: Claudio Rocchetti
PRODUCTION: Sunset
Five years have passed since the upheavals in Tunisia on January 11th 2011, that brought to Ben Ali's removal and the Jasmines Revolution. Since then a series of events have transformed the country and marked its social and political history so radically, that the lapse of time seems much longer. From the Islamic government of Ennhada to the homicides of the left representatives Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, from the first democratic elections to take place in one of the countries involved in the Arab springs, to the bloody attacks to the Bardo Museum and in Sousse, in the last years Tunisia has always played a key role internationally and above all in the Mediterranean area. But, what is the situation in Tunisia now? What has happened to all the people -young and older- that crowded the streets and squares five years ago ? We have watched those people on our tv and computer screens and have hoped that, standing together with purpose, they would succeed in changing things in their country. Have things really changed ?
With these questions in mind and our camera in the hand we headed for Tunis one year ago, just after the terrorist attack to the Bardo museum. We wanted to record Tunisians while experiencing the transition towards democracy, constantly overcast by the menace of Daesh and by the flimsy line between authoritarianism and democracy often trespassed in the name of the fight against terrorism.
Two weeks spent in the streets, among the huge crowds of the demonstrations that followed the Bardo terrorist attack, seeing the associations and taking part in the meetings at the World Social Forum, visiting to the cultural centers and the self-managed cultural centers, that struggle to resist in Tunis. Two weeks talking, asking questions, listening. How have things gone during these last five years? Above all: must we endure that the Tunisian Revolution, the one and only to be completed now overcast by shadow of terrorism, was a delusion millions have believed in, and must be put aside in the name of international safety?
While we were asking all these questions, we became aware of a large number of young people who, though tired frustrated and disillusioned, do not give in and were enthusiastic to speak with us and share their experience with the rest of the world.
They are a large number and all very young and have one thing in common: the love for art.
Art as civic duty, art as means of communication that can reach far beyond the social network: the suburbs, villages , people's heart.
And can bring a revolutionary message: to achieve true and mutual democracy and face the challenge of Islamic terrorism, one should promote the pivotal role of culture, as a cross-cutting symbol of citizenship common to all social classes and to all political and religious belief.
Under the August scorching sun we crossed Tunisia with the collective ZWEWLA , from Tunis to Mount Chaambi, one of Daesh hideout, passing through Sidi Bouzid, home to Mohamed Bouazizi , the symbol of the revolution, from Sbeitla to Kasserine to Siliana, we met and interviewed actors, dancers, filmmakers, breakdancers, graffiti writers and were introduced to a completely new world.
We met the Ghar Boys (Cave Boys), in a cave of the Semmama mountains, one of Daesh outposts, they practice break dance and rap every day and teach children the love for dance and music.
We met Adnen Hleli, a high school teacher, poet and actor who has been working for years to promote all forms of art in these areas. He has opened a children cine club in an abandoned henhouse in Sbeitla and a cinema in a conservatory in the rural area of Nabeul.
“We do not say 'fight against extremism' this is an opportunistic motto, often misused especially in the capital. The government with its regionalist policies. encouraged the migration of the mountain population. It is our government gave our beautiful mountains away to the obscurantists. Our motto instead is: “This land belongs to those who deserve it”.
Through graffiti, flash mob performances in the medinas, the creation of cultural centers in the neighborhoods, these youths, 15 to 40 years old, are sending a clear message: after all the protests and the toll of blood payed to the revolution, Tunisia will not give in either to the radical requests aiming to impose an Islamic State in the name of a violent and fundamentalist interpretation of Qur'an, or to those who would take advantage of the so-called “fight against terrorism” to bring it back to a repressive regime.
WHAT YOU CAN DO
Right now our biggest risk is not making this indiegogo campaign. With your help we will be able to complete the post production and show this film in cinemas, festivals and cine clubs. This is the challenge we are facing now and YOU can make the difference. We’ve put our entire soul into this film, but without your help, it won’t mean a thing.
Contribute as much as you can to LES AMOUREUX DES BANCS PUBLICS and watch us into delivering a very important testimony of the great, incredible work young Tunisian artists are continuing to do, despite the adverses conditions.
Even a small contribution will make the difference if you share with friends and family: Tunisians are teaching us there is safety in numbers and through unity we find strength! We trust the power that crowdfunding has put into the hands of each and every one of you. We hope you can trust us.
JOINS US IN OUR EFFORTS AND LET’S MAKE LES AMOUREUX DES BANCS PUBLICS HAPPEN!